Un tempo non arrivavi nemmeno a casa, dopo aver passato la giornata a casa mia, che mi scrivevi già che ti mancavo. Che ero speciale, che stare con me era fantastico, e tutto il resto.

Capita che il 31 agosto ti incontro al parco, con lui, ti supero, mi scrivi, ti scrivo, e ciaone. Nessuna piu’ risposta. Avrò sicuramente scritto qualcosa di sbagliato…. del resto lo faccio sempre ormai. Scrivo così bene e così tanto (parole tue), che …. oggi non sono piu’ capace di mettere giu due righe senza farti incazzare, senza farti preccoupare. addirittura. “Inizio ad aver paura”, mi avevi scritto il 18 maggio.

Dal 18 maggio… due messaggi. Uno per il tuo compleanno, due mesi dopo. Uno il 31 agosto, un mese e mezzo dopo. Così speciale… ma così speciale… che all’uomo che amavi (il condizionale è cautelativo), 2 messaggi in 4 mesi.

Ma mi porti sempre nel cuore.

Già.

In fondo però è giusto così. Non ha senso scriversi che poi ci si incazza, non ci si capisce. Oppure sentirsi, telefonarsi, vedersi. Del resto mi hai pure scritto che non ne senti piu’ il bisogno. Quindi…..

E’ sempre piu’ malinconico e triste. Sempre di piu’. Che tristezza devastante.

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